Infortunio mortale di un marinaio - responsabilità dell'armatore, datore di lavoro, e del comandante

21/12/2022


Segnaliamo una importante e recente sentenza della Cassazione Penale riguardante un infortunio mortale di un marinaio durante una operazione di recupero della rete a strascico e la accertata responsabilità dell’armatore quale datore di lavoro e del comandante.

Agli imputati, nella loro  qualità di comandante e  di armatore dell'imbarcazione  e quindi datore di lavoro, è stata attribuita la colpa di aver cagionato la morte del marinaio  che, mentre eseguiva l'operazione di recupero delle reti a strascico, era scivolato sulla campana del verricello ed era rimasto impigliato nel sistema di avvolgimento della rete; in particolare, la responsabilità  accertata concerne il non aver dotato il lavoratore del necessario dispositivo di protezione individuale (caschetto), nonché l’aver omesso di attuare misure tecniche e organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'impiego delle attrezzature di lavoro, e  infine per aver omesso di formare ed informare il lavoratore dei rischi specifici connessi all'attività.

La tesi difensiva degli imputati ascriveva l’evento alla pavimentazione umida e quindi scivolosa ed al beccheggio dell’imbarcazione per il mare grosso che avrebbero causato lo scivolamento del marinaio ed era altresì improntata sulla circostanza che il RINA aveva rilasciato regolare certificazione attestante che le sistemazioni di bordo, compreso il verricello, erano a norma e la stessa Capitaneria di Porto competente aveva certificato la conformità del peschereccio alle norme.

La Corte ha invece evidenziato che  le certificazioni attengono alla conformità ai requisiti di navigabilità previsti dal DPR 8 novembre 1991, n. 435 e quindi sono estranee alla sicurezza del lavoro a bordo (precisando quindi che la sicurezza della navigazione è cosa diversa dalla sicurezza del lavoro a bordo) e che risultava comunque provata che sia stata la grave omissione di misure tecniche e organizzative idonee a ridurre i rischi connessi all'impiego delle attrezzature di lavoro, oltre che l'omissione di informazione e formazione della vittima e di fornitura di dispositivi antinfortunistici individuali a determinare l’infortunio mortale. .
 

Il lavoratore, infatti, non era provvisto di elmetto e tale dispositivo individuale  avrebbe  avuto    un'importante funzione di salvaguardia della  testa  del lavoratore, rimasta invece incastrata nel verricello fra la campana in movimento e i tamburi.
Lo stato dei  luoghi, inoltre, presentava il  rischio  che le campane, in continuo movimento e peraltro prive di protezione, intrappolassero  parti  del  corpo del  lavoratore, che, per  andare  dalla  prora    alla  poppa, non avrebbe potuto  fare  altro  che  passare  nel  ristretto  spazio esistente tra ognuna delle due campane, come detto in permanente rotazione, e la fiancata.
Sia la dotazione del dispositivo di protezione individuale, sia la dotazione di carter di protezione sugli organi meccanici in movimento, sia la dotazione di un idoneo sistema di azionamento del verricello solamente quando il lavoratore fosse stato lontano dagli organi in movimento, avrebbero evitato l'evento mortale.

Sulla base di tali acquisizioni fattuali, è stato ritenuto che tanto l'armatore quanto il comandante dell'imbarcazione, nell'ambito delle rispettive competenze, avessero violato:
- l'art.6, comma 5 lett. q), d. lgs. n.271/99, che prescrive ad entrambi di «attuare misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'impiego delle attrezzature di lavoro presenti a bordo ed impedire che queste vengano utilizzate per operazioni o in condizioni per le quali non sono adatte», specificando che tali misure si sarebbero sostanziate nell'installazione di sistemi di protezione di tutti gli spazi del verricello che potessero costituire pericolo, come ad esempio quello esistente tra le campane e il tamburo, così come nell'approntamento di un sistema di azionamento del verricello tale da consentire che non restasse costantemente in funzione quando l'operatore non era a distanza di sicurezza;
- l'art.6, comma 5 lett.g), d. lgs. n.271/99, che prescrive ad entrambi di «fornire ai lavoratori marittimi i necessari dispositivi individuali di sicurezza e di protezione, conformi alle vigenti norme e mantenerne le condizioni di efficienza », specificando che il dispositivo di protezione individuale necessario era il caschetto, la cui adozione avrebbe evitato che la testa del marinaio rimanesse intrappolata nel meccanismo di recupero della rete.

Elemento fondante la responsabilità di entrambi gli imputati è stata la violazione di norme al cui rispetto entrambi, nelle rispettive qualità, erano tenuti (Cfr. sentenza n. 42034 dell’8 novembre 2022)